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Archivia

Memorie, narrazioni, canzoni, rituali, tradizioni, paesaggi, speranze di futuro della cultura rurale dell'Alta Murgia.

Coordinatrice scientifica: prof. Laura Marchetti

Redazione: Angelo De Leonardis, Gilda Marano, Pasquale Marchetti

Un uomo, un cavallo, un calesse che è fermo in un paesaggio surreale, il paesaggio della Murgia , sconfinato, a tratti desolato, sempre di una bellezza struggente, come in alcuni versi di Tommaso Fiore . La foto è tratta da Un medico in campagna, un   film di Luigi Di Gianni, collaboratore di Ernesto De Martino, interamente girato tra Gravina Cassano e Altamura, in un’ambientazione insolita, ma perfettamente aderente all’atmosfera visionaria della narrazione. Che racconta di una telefonata nella notte, e di un medico che va al capezzale di uno strano giovane che non vuole essere guarito. Proprio come il Sud, proprio come questa Terra Matrigna il cui seno di roccia e di pietra sembra non voler guarire, perchè piegato da conquistatori e da briganti e gravido dell’abbandono di tanti figli, di secoli di migrazioni, di esili e quasi impossibili ritorni.

Questa Terra Matrigna è però anche nostra Madre, fruttifera di olivi e di fichi, di pascoli e armenti, di orchidee selvatiche e papaveri colorati. Il viaggiatore che la ritrova può guarire ed essere felice. Per secoli i “cafoni” l’hanno maledetta e amata, di giorno sudando per il sole cocente, la sera, nell’aia, giocando con le lucciole, fra gli odori della salsa e della vendemmia. La tavola magari era vuota, il lupo vero era alla porta e quel mantello nero, quello scialle nero, testimoniavano il dolore, la povertà e la fatica. Ma da quelle zolle, da quelle pietre, da quei boschi, da quegli anfratti, da quelle caverne che avevano ospitato straordinarie civiltà, spirava una magia che si diffondeva nelle masserie, negli jazzi, nei paesi, fino ad arrivare a quel Castello fatato, posto lì nel nulla, dove uno straordinario  Imperatore aveva fatto colloquiare le genti più lontane, le fedi più diverse, le culture più ricche e antiche.

Antiche, sì. Nella Murgia tutto è antico, il futuro stesso ha un cuore antico. Dovunque, ancora, nonostante il consumismo, nonostante la modernità, si annidano fiabe e miti, orchesse e streghe protagoniste di una pagane ritualità, feste e santi di una religione popolare, animistica, naturale: una religione del destino e del soccorso. Dovunque, nonostante il rumore assordante , si annida la musica, fatta di serenate e ninne-nanne, di canti d’amore perduto e di epiche lotte, di commozioni e di lutti di fronte al tempo che porta via la giovinezza e i nostri cari. Dovunque si annidano memorie, saperi che conservano l’aroma  del grano e del mare, mestieri dell’astuzia e della mano, piccole comunità radicate  ma piene di tratturi su cui, nei secoli,  hanno camminato meticciamenti e ospitalità, insieme a transumanti, pastori, pellegrini e poeti cantastorie. I loro occhi erano ciechi e comunque non appannati da slides, web e cloud.  Qunado guardavano, vedevano i cieli e non gli schermi. Le loro voci così erano più  seducenti, malia per le orecchie, legami per i corpi. Tesori Umani Viventi, la tradizione orale li fa testimoni di una storia notturna , spesso emarginata, ma non meno pregnante di quella ufficiale.

Archivia  è un Progetto culturale che li vuole omaggiare. Vuole raccogliere le loro voci come si raccolgono le erbe, conservare le loro storie come si conservano le marmellate, danzare le stesse danze, cantare gli stessi canti, mangiare gli stessi cibi ma in comune, in maniera conviviale. L’antropologia, la filologia, la ricerca sul campo saranno  garanzia della loro autenticità e fedeltà al “geniu loci” e alla “mente locale”. L’arte sarà garanzia della loro eterna bellezza e universalità