ANTONELLA MARINO
Direzione artista di Donnapaola Arts Farm
Il seminario è stato occasione di confronto e di brainstorming con il comitato scientifico internazionale di Donnapaola Arts Farm, per immaginare insieme le linee future di questo progetto, in rapporto con una rete locale e nazionale di soggetti.
Puntando sulla capacità dell’arte di creare nuovi immaginari e sovvertire gli ordini costituiti, la scommessa è di sperimentare nuove modalità per abitare e riattivare questi territori, valorizzare le loro risorse anche attraverso il ripensamento creativo delle tradizioni rurali.
l titolo del simposio “Ecologie del margine”, parte così da un’interrogazione sul concetto di margine, nelle sue problematiche declinazioni. La marginalità in questo caso non è però intesa in un’accezione negativa. Più che come bordo estremo, appendice geografica di un centro che incarna il modello produttivo dominante, i territori ai margini sono visti come realtà interstiziali, filtro di incontri e ibridazioni tra differenti ecosistemi e, in quanto tali, espressione stessa di un’idea di bio-diversità. Questo ribaltamento dello sguardo trasforma la debolezza apparente dei territori “ai margini” (come le aree interne dell’alta Murgia e in generale l’area del Mediterraneo, il Mezzogiorno e i tanti “Sud” del mondo, intesi secondo un’accezione mentale più che geografica) in un “vantaggio competitivo”, per dirla con le parole del sociologo Franco Cassano. Laboratori per un ripensamento delle forme di modernizzazione, che possono generare possibilità alternative, nuove istanze e modelli di sviluppo.
Alla messa a punto di una nuova “Agenda rurale” è stato dedicato in particolare il primo panel del seminario, che focalizza l’attenzione su nuove pratiche artistiche ecosostenibili in cui l’interesse per il mondo rurale si coniuga spesso con l’attivismo politico, in una prospettiva agro-ecologica. Come sappiamo l’agroecologia parte dal recupero di esperienze di agricoltura tradizionale che hanno mostrato la capacità di mantenere integri gli ecosistemi, denunciando i limiti e le responsabilità del modello agricolo industriale negli squilibri ambientali del pianeta. Il processo di ri-contadinizzazione in corso in diverse aree del pianeta (si pensi ai nuovi movimenti contadini in Africa, Asia o America Latina) esprime l’esigenza di riappropriazione del processo produttivo da parte dei suoi protagonisti. Ciò sta portando alla “riscoperta” e riabilitazione di conoscenze contadine che per decenni sono rimaste marginali. Di fronte alla crisi ecologica in atto, la cultura rurale può insegnare come adattarsi a un luogo, e porre le basi per la costruzione di “economie morali” di tipo nuovo, basate su reazioni sociali solidali e su un rapporto di cooperazione piuttosto che di mera appropriazione. A queste esperienze partecipano negli ultimi anni molti artisti che con le loro pratiche portano avanti sui diversi territori esperimenti di produzione agricola basati sull’auto-sostenibilità e capaci spesso di generare economie alternative. Portatori di un pensiero ecologico che va declinato al plurale: in senso non solo ambientale, ma anche psicologico e sociale, come chiave di approccio alla complessità del reale.
Ciò tira in ballo concezioni più generali dell’economia, della società e del rapporto tra l’uomo e il resto della natura. A questo si collega il tema del secondo panel, “Politiche dell’abbandono”. Anche in questo caso l’abbandono va interpretato non tanto in senso letterale (con riferimento ad esempio all’emergenza diffusa dell’abbandono delle terre), bensì in modo figurato: come “abbandono” appunto dell’idea classica di controllo sulla natura, che parte dal riconoscimento della mutua interdipendenza tra ecosistemi. Percepire l’interdipendenza che lega tutti gli enti e le cose è ciò che il filosofo Timothy Morton definisce “pensiero ecologico”.
Come abbiamo visto da questi primi incontri, e come approfondiremo nel lungo percorso di Donnapaola Arts Farm, facendo luce sulle forme di interconnessione molti artisti stanno contribuendo a promuovere una serie di processi culturali e politici in grado di “ripensare collettivamente i fondamenti etici dell’esistenza” (K.Weir), intesa appunto come “coesistenza di tutte le forme di vita”.